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Roberta racconta: la magia della vendemmia in Abruzzo

  • Immagine del redattore: Anastasia Centofanti
    Anastasia Centofanti
  • 7 set
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 9 set

Ogni anno la vendemmia ritorna come un rito antico. Eppure, non è mai la stessa: il profumo dell’aria, la luce del sole, le mani che si intrecciano ai grappoli… tutto cambia, e tutto resta.

Si comincia presto, quando la rugiada accarezza ancora i filari e il silenzio è interrotto solo dal suono delle forbici che tagliano. Grappolo dopo grappolo, secchio dopo secchio: il lavoro è duro, ma il cuore è leggero.



Poi arriva il momento che tutti aspettiamo: la pausa.

Un panino, un caffè, tanta acqua per difendersi dal sole. E intorno, risate, racconti di amori passati, storie di famiglia, battute improvvise che fanno ridere fino alle lacrime. Perché la vendemmia non è solo lavoro: è vita che si condivide, tra un morso e una confidenza.


A mezzogiorno, le forbici si posano e la corsa è verso casa. La pasta che bolle, il tavolo che si riempie, la stanchezza che si trasforma in festa. È lì, seduti insieme, che capisco cos’è davvero la vendemmia: non solo uva raccolta, ma radici che ci tengono uniti.


Il pomeriggio scivola veloce: cassette che si riempiono, trattori che vanno verso la cantina, mani che non si fermano mai. Alla sera, quando tutto tace, restano i vestiti macchiati di terra e di vino: li raccolgo, li lavo, li stendo. E ogni macchia diventa ricordo, segno indelebile di una giornata che non si dimentica.


La vendemmia è fatica, sì. Ma è soprattutto una festa dell’anima. Ogni anno diversa, ogni anno speciale. Ogni anno nostra.


Roberta



 
 
 

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